16 luglio 2007

NHK ni Yokoso!

Serie TV del 2006, ad opera dello studio Gonzo, basata sul romanzo di Takimoto Tastuhiko, dal quale è stato anche ricavato un manga omonimo.
L'argomento non è dei più avvincenti. Si tratta di una patologia che in Giappone pare affliggere due milioni di persone, secondo stime difficili da valutare, perché consiste nell'autoisolamento cronico. Queste persone, definite "hikkikomori" scelgono, per varie ragioni, di non uscire più dal proprio appartamento. Spesso hanno una rendita che permette loro di non lavorare (ad esempio gli studenti universitari).
Trattandosi di un fenomeno reale, e decisamente drammatico, la serie spicca subito fra la miriade di commediole scolastiche, robottoni e sportivi vari.

È strutturata in tre parti: nella prima viene descritta la vita del protagonista, quindi la patologia degli hikkikomori. La seconda parte è una carrellata sulle altre patologie che affliggono la società giapponese, e la terza è un'analisi delle cause e delle motivazioni, con qualche ipotesi di soluzione.

Il fondamento dell'analisi è che la società giapponese è basata sul disprezzo degli altri. Si sta bene solo quando c'è qualcuno che sta peggio di noi e che possiamo disprezzare. Tesi decisamente amara, e inaspettata in un cartone animato. In Italia qualcosa di simile lo si ritrova forse in libreria, o a teatro. Non è importante se sia vera o no (o meglio, quanto sia vera): ciò che conta è che un giudizio così duro non lo si può ignorare. Ci si deve confrontare con esso.

Le soluzioni sono sostanzialmente due: la fame rompe la maledizione. Più che un aiuto, un contatto compassionevole, ciò che scaraventa gli isolati cronici di nuovo in mezzo al mondo è l'istinto di sopravvivenza quando siano finite le risorse (genitori che tagliano i viveri ad esempio). L'altra è che in effetti un contatto, l'affetto reciproco, restituiscono la capacità di reagire, di figurarsi degli obiettivi e di darsi da fare per raggiungerli. Tutto questo viene narrato senza retorica, e tanto meno cliché da serie animata.

Il risultato finale è qualcosa di molto interessante e coinvolgente (un po' meno nella parte intermedia), e soprattutto di difficile da dimenticare.

by Touch

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